BERLINO (Reuters) - La Germania chiuderà tutti i suoi reattori nucleari entro il 2022, come hanno deciso oggi i partiti della coalizione del cancelliere Angela Merkel, in risposta al disastro di Fukushima che ha determinato una drastica revisione della politica energetica.
Come atteso, la coalizione vuole mantenere lo stop agli otto reattori più vecchi dei 17 di cui è dotata la Germania. Sette sono stati chiusi temporaneamente a marzo, subito dopo il terremoto e lo tsunami giapponese che hanno investito Fukushima. Un altro era bloccato da anni.
Fuori uso entro il 2021 andranno poi altri sei reattori, ha detto alle prime ore di oggi il ministro dell'Ambiente Norbert Roettgen, dopo una riunione notturna nell'ufficio del cancelliere tra i leader della coalizione di centrodestra.
Gli ultimi tre reattori, i più nuovi, rimarranno operativi fino al 2022 per garantire che non ci saranno interruzioni nella fornitura di elettricità.
Merkel si era rimangiata a marzo la decisione presa alcuni mesi prima di estendere la vita delle centrali nucleari più datate in Germania, dove la maggioranza degli elettori è contraria all'energia atomica.
"E' definitivo: l'ultima data per le ultime tre centrali nucleari è il 2022", ha detto Roettgen dopo il vertice. "Non ci saranno clausole di revisione".
Alcuni politici volevano inserire nell'accordo una clausola che permettesse di rivedere in futuro lo stop al nucleare. I Liberi democratici (Fdp) non volevano alcuna scadenza, ma una finestra d'uscita molto flessibile, oltre all'opzione di riaprire uno dei sette reattori più vecchi in caso di emergenza.
La coalizione si è accordata per mantenere solo uno dei vecchi reattori come "riserva fredda" per il 2013, nel caso in cui la transizione verso le fonti rinnnovabili di energia e quelle di carbon fossile non riuscissero a soddisfare la domanda invernale.
Il grande terremoto e lo tsunami del marzo scorso hanno gravemente danneggiato la centrale giapponese di Fukushima, provocando la fuoriuscita di radioattività. L'episodio ha spinto alcuni governi, tra cui quello italiano, a riconsiderare la propria strategia nucleare.
(Annika Breidthardt)
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