mercoledì 30 novembre 2011

Fotovoltaico, inizia la promettente avventura in Sud Africa

Nasce il primo impianto fotovoltaico in Sud Africa
30-11-2011
 
Si tratta dell'impianto di Sunninghill (Johannesburg), che, con una capacità di 400 kw, è costituito da una copertura di 180 posti auto, nel parcheggio della sede centrale dell'Eskom, l'azienda elettrica nazionale
Il progetto presentato in occasione della 17 ° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP17) che si tiene in questi giorni a Durban è costituito da una copertura centrale di 180 posti auto, nel parcheggio della sede centrale dell'Eskom, l'azienda elettrica nazionale, che produrrà 675 MWh all'anno e fornirà il 5% del fabbisogno energetico. L'inaugurazione di questo impianto, lo scorso 25 novembre, ha segnato l'inizio del grande piano di sviluppo delle energie rinnovabili per il Sud Africa, un paese dove il carbone è attualmente l'energia dominante. Il complesso solare è stato sviluppato dalla joint venture tra Divisione Energia di Guma Gruppo e la società francese Coruscant, ingaggiati per sviluppare anche ulteriori progetti fotovoltaici nel paese.

 "Siamo molto orgogliosi di questo primo progetto che è all'avanguardia nel campo delle energie rinnovabili - ha detto Robert Matana Gumede, amministratore delegato del gruppo Guma - il fotovoltaico è un metodo di produzione di energia in forte crescita. Questo progetto sarà il fiore all'occhiello della nostra strategia di produrre energia non inquinante ". L'ingegneria e le competenze nel settore fotovoltaico sono state seguite da Coruscant, mentre la costruzione è stata assegnato a imprese locali. Le attrezzature, compresi i 2600 metri quadrati di moduli fotovoltaici e le strutture di supporto sono state prodotte in Sud Africa. Inoltre, l'80% del bilancio totale di 1,2 milioni di euro è stato speso a livello locale, in conformità con l'obiettivo fissato dal governo sudafricano di sviluppare in loco le attività legate alle energie rinnovabili. (h.b.)

domenica 27 novembre 2011

Climate Change: Occupy Durban ?

lima | Comunicazione | Economia ecologica

Climate change: Occupy Durban?

I Paesi vulnerabili e gli anti-carbon market annunciano forti proteste alla Cop17 Unfccc
[ 25 novembre 2011 ]
Umberto Mazzantini
Secondo The Guardian «I Diplomatici di alcuni Paesi emergenti potrebbero "occupare" i negoziati sul clima delle Nazioni Unite che iniziano lunedì a Durban, organizzando sit-in e boicottaggi per la mancanza di urgenza nei colloqui». A lanciare l'idea è stato José María Figueres, ex presidente della Costa Rica, ex  manager del  Davos world economic forum  e che, tra l'altro, è anche fratello di Christiana  Figueres, la segretaria esecutiva dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc) che organizza la Conferenza delle parti in Sudafrica.
La settimana scorsa, mentre partecipava al Climate vulnerable forum in Bangladesh, la tv  OneWorld  gli ha chiesto «Ha espresso la sua simpatia per il movimento Occupy Wall Street e chiesto un Occupy Durban. Cosa pensa che possa ottenere?»  e José María Figueres ha risposto: «I disordini di Londra e gli indignados di Madrid e l'ormai sempre più globale movimento Occupy Wall Street sono il segno della frustrazione sentita da molti, dato che non stiamo rispondendo ai loro bisogni economici. Quindi, rispetto al clima forse abbiamo bisogno di un Occupy Durban. Un sit in delle delegazioni dei Paesi che sono più colpiti dai cambiamenti climatici, che stanno andando da una Cop alla prossima Cop  ed alla Cop successiva  senza ottenere risposte positive e concrete sui temi sui quali vogliono un accordo». Poi ha aggiunto che  «I Paesi vulnerabili devono rifiutarsi di lasciare i colloqui fino a quando non saranno stati fatti sostanziali progressi. Ho invitato tutti i Paesi vulnerabili a "occupare"  Durban.Abbiamo bisogno di una espressione di solidarietà da parte delle delegazioni dei Paesi che sono più colpiti dal cambiamento climatico, che vanno da una riunione all'altra senza ottenere risposte sulle questioni che devono essere affrontate. Siamo andati a Copenhagen con l'illusione che potessimo raggiungere un accordo equo. Siamo andati a Cancún, dove abbiamo visto un leggero, ma non sufficiente, progresso. La frustrazione è profonda e sta crescendo. Ora sentiamo che non abbiamo più bisogno di  conferenze. Questa volta dobbiamo fare sul serio. Dovremmo andare a Durban con la ferma convinzione che non torneremo fino a quando non avremo fatto sostanziali progressi».
Il portavoce del G77 dei Paesi in via di sviluppo alla Cop17 non ha voluto commentare, ma un ambasciatore a Durban citato dal Guardian ha detto: «Il movimento Occupy Wall Street e il movimento Occupy the Climate Change negotiations affrontano lo stesso problema. Abbiamo bisogno di questo se vogliamo avere qualche risultato positivo, altrimenti sarà peggio di Cancún. Qui, nei corridoi, si parla di occupare le sale riunioni, ma ci potrebbero essere sanzioni. Quindi bisogna stare all'interno con i "grandi", in modo da avere un impatto e che nessuno venga  punito. Siamo all'inizio...».
Il portavoce dei 53 Paesi dell' Africa group, Seyni Nafo, ha detto: «Comprendiamo la situazione in Europa e in Giappone, ma sembra che ora il cambiamento climatico non faccia più parte dell'agenda globale. Deve essere presa in considerazione un'azione globale che potrebbe renderla visibile. Stiamo esplorando molte vie ed opzioni. Dovete prenderle sul serio». Un avvertimento da non sottovalutare, visto che nel 2009, ai climate change talks di Barcellona, proprio un'azione radicale di boicottaggio ed occupazione da parte  Paesi africani, costrinse i Paesi ricchi a promettere maggiori sforzi sul taglio delle emissioni entro il 2020.
Anche l'Alliace os small islands States, che riunisce alcuni i Paesi insulari più a rischio per il global warming, si è detta pronta a qualsiasi iniziativa per impedire quelle che ha definito mosse «Sconsiderate e irresponsabili» contro l'approvazione di un nuovo trattato.
«E fuori dell'International convention centre di Durban, nella società più vasta, c'è una potenziate primavera del clima, come la primavera Araba?», ha chiesto OneWorld a Figueres che ha risposto: «La storia dell'umanità dimostra che è sempre stata una grande crisi a farci muovere».
Patrick Bond, direttore del Centre for civil society dell'università sudafricana del KwaZulu-Natal, non ha dubbi: «La crisi è sicuramente sopra di noi, con più di 300.000 persone che, secondo demografi, muoiono ogni anno a causa dei cambiamenti climatici - scrive sul Mercury - L'Unfccc potrebbe essere all'altezza di una potenziale governance globale, ultimamente a ha realizzato il Protocollo di Montreal del 1987 che vieta i Cfc per salvare il buco dell'ozono, o invece Durban sarà conosciuta come la Conference of Polluters (Conferenza degli inquinatori, ndt) il luogo dove moriranno il meccanismo del protocollo di Kyoto e gli impegni per bloccare-tagliare le emissioni, mentre la macchina del carbon trading è rimasta all'1%, perché si è scelto di giocare a questo d'azzardo sul clima? Anche se la banca Ubs di Zurigo la scorsa settimana ha predetto il totale collasso dell'European Union's Emissions Trading Scheme nei prossimi mesi, sembra che soffriremo per un secondo collasso quando la Cop17 chiuderà il 9 dicembre. Così, per salvare il pianeta e le persone, il 99% dovrebbe sfidare la mentalità "for-profit" dell'Unfccc. Il 10 novembre è arrivata nella mia casella di posta elettronica una e-mail interessante: "L'Occupy movement che sta invadendo il pianeta fa luce sui sistemi ingiusti che beneficiano ad un piccolo gruppo di elite individuali e corporations, consolidando ricchezza e potere per pochi a scapito della stragrande maggioranza degli abitanti del mondo e del pianeta nel suo complesso". Secondo l'e-mail: «La Cop17 non farà nulla per affrontare questo squilibrio di potere e di risorse e invece darà a quelle stesse persone e istituzioni che hanno causato la rovina il controllo economico della nostra terra, dell'acqua e dell'atmosfera, non sarà che un commercio, nient'altro che denaro per fare commodity». Una risposta a questo anonimo emailer è "Occupy Cop17", che considera  l'Unfccc "I buffoni delle Nazioni Unite, clown e criminali del carbonio" ed è difficile argomentare contro, sulla base delle 16 prestazioni passate».
L'organizzazione sudafricana "Occupy Cop17" denuncia: «Le stesse persone responsabili della crisi finanziaria globale sono pronte a prendere il controllo della nostra atmosfera, terra, foreste, montagne e corsi d'acqua. Vogliono istituire carbon markets che renderanno miliardi di dollari ad un'elite di pochi, mentre la terra e le risorse dei molti. Dobbiamo organizzaci per proteggere il pianeta e salvaguardare coloro che dipendono dalla difesa dei nostri ecosistemi»  
Secondo Bond, «Ci sono molti sudafricani con genuine rimostranze che faranno parte dello scenario di protesta  del movimento anti-Cop17, in parte a causa della cattiva gestione dell'energia della Eskom (più centrali elettriche a carbone, come ha denunciato Greenpeace, bloccando la costruzione della Eskom a Kusile la scorsa settimana) e dell'elettricità (prezzi alti per le masse e basso prezzo per Anglo American e Bhp Billiton). Altri verranno mostrati solo per fare polverone: Business Day la settimana scorsa titolava in prima pagina, "Malema supporters to disrupt climate conference", sulla scia della bastonatura che il comitato disciplinare dell' African national congress (il partito al potere in Sudafrica, ndr)  ha dato alla leadership della Youth League».
Per coloro che si occupano seriamente di giustizia climatica, alcune delle riflessioni più interessanti del 99% thinking e sulle alternative pratiche saranno al People's Space, ospitato dal campus universitario dell'Howard College dell'università del KwaZulu-Natal, a partire dalla con la Conferenza dei giovani che si tiene dal  25 al 27 Novembre, e che poi sarà aperto al pubblico dal 28 novembre fino al 9 dicembre. Le notti "teach-in" al Centre for Civil Society  aggiungeranno rigore accademico alla passione degli attivisti ambientali e sociali che saranno a Durban, dove è previsto l'arrivo di centinaia di delegati per la Pan African Climate Justice Alliance  e per a Rural Women's Assembly e per una miriade di eventi della C17, organizzata dal Civil society committee for Cop 17.
Bond  conclude: «Quel che unisce People's Space, Occupy Durban e la marcia del Global Day of Action del 3 dicembre è un certo grado di scetticismo per quel che l'1% sta cucinando all'interno delle fumose stanze dell' Unfcc all'International convention centre di Durban, e un genuino rispetto per il potere del popolo che ancora ed ancora risorge nei luoghi meno attesi».
   
 
Fonte  www.greenreport.it

lunedì 21 novembre 2011

Ricerca per risparmio energetico:un frigorifero a energia solare passiva

Un innovativo sistema di refrigerazione a scopo alimentare che utilizza la sola energia solare. E' un' idea del progettista olandese Jo Szczepanska.

L’idea nasce ispirandosi ad un rudimentale ma efficace sistema di refrigerazione per gli alimenti utilizzato già nel 2500 a.C. in Egitto. Il nuovo sistema anch’esso molto rudimentale, si chiama Outback Cooler, e il suo modo di funzionamento è molto semplice: consta di un contenitore in argilla dotato di due intercapedini: una più esterna che viene riempita con sabbia bagnata ed una interna più grande che serve per potervi riporre i contenitori dei cibi. A chiusura del tutto è poi posto un coperchio in panno che viene  mantenuto costantemente umido. Il suo funzionamento rispetta le principlai leggi della fisica, infatti grazie al calore del sole, i contenitori dei cibi iniziano a scaldarsi dando vita ad un processo di evaporazione che fa uscire dal loro interno l'aria più calda che viene “rimpiazzata” da altra più fresca dissipata dall’intercapedine esterna contenente la sabbia bagnata. In sostanza si trata di un perfetto scambio d’aria e quindi è ovvio che non vi è alcun abbattimento della temperatura come un normale frigo casalingo ma mantiene i cibi freschi per più giorni., sopratutto se in presenza di clima secco.(h.b.)

Fonte  http://www.zeroemission.eu/

martedì 15 novembre 2011

Il prezzo del polisilicio (e di conseguenza dei moduli Fv) e' crollato del 93% in tre anni

Bloomberg: il prezzo del polisilicio è crollato del 93% in tre anni

Il costo del semiconduttore, alla base del funzionamento di microchip e celle fotovoltaiche, è precipitato da 475 dollari al kg a 33 dollari al kg. Una tendenza tra l'altro destinata a proseguire anche nei prossimi mesi. Risultato: insieme al prezzo del polisilicio crolla anche il costo dei moduli fotovoltaiprpolisilicioilsemiconduttore alla base del funzionamento di microchip e celle fotovoltaiche, è crollato del 93% negli ultimi tre anni, da 475 dollari al kg a 33 dollari al kg, tendenza tra l'altro destinata a proseguire anche nei prossimi mesi. La causa è, secondo un articolo di Bloomberg, è un surplus di produzione da parte dei principali produttori della materia prima. Risultato: insieme al prezzo del polisilicio crolla anche il costo dei moduli fotovoltaici, che dipende per almeno un quarto da quello del semiconduttore.


Se la filiera fotovoltaica risente maggiormente del drastico calo dei prezzi del polisilicio, rispetto all’industria informatica, dipende dal fatto che la prima copre circa il 90% della domanda. Non solo, il costo del semiconduttore è responsabile in media solo del 5% dei costi di produzione dei microchip per computer. Secondo Bloomberg, che cita gli analisti di Macquarie Group, i produttori di silicio avranno inoltre prodotto, entro la fine di quest’anno, il 20% in più di materia prima rispetto a quella assorbita dal mercato, percentuale che l’anno prossimo salità al 28%. Il che non solo spingerà ulteriormente al ribasso il costo di celle e moduli fotovoltaici, ma avrà anche ripercussioni negative sulle società produttrici del semiconduttore, che vedranno restringersi pericolosamente i propri profitti. In conseguenza di questo trend, gli analisti di Macquarie Group stimano che i due terzi dei 66 produttori di polisicio attualmente esistenti potrebbero andare incontro al fallimento, mentre il numero totale di società cinesi che riforniscono il mercato della materia prima potrebbe ridursi addirittura a quattro nei prossimi tre anni, dai 35 attuali. (f.n.)

lunedì 14 novembre 2011

Le nanotecnologie e il fotovoltaico

di Girolamo Di Francia
 
Quando un materiale viene ridotto in dimensioni nanometriche (1 nanometro è un miliardesimo di metro), le sue proprietà chimico-fisiche cambiano e diventano addirittura correlabili con la dimensione stessa. Così, ad esempio, una sferetta di silicio di 1 nanometro avrà caratteristiche molto diverse da una sferetta dello stesso materiale, ma grande 2 oppure 3 nanometri. In altri termini è come se la dimensione “nano” caratterizzasse una terza dimensione della tabella periodica degli elementi.
Così finiscono per moltiplicarsi in maniera inattesa ed impressionante gli elementi che possiamo ingegnerizzare per farne dispositivi. Si comprende allora bene quale è la potenzialità intrinseca delle nanotecnologie: offrire soluzioni diverse a problemi applicativi normalmente vincolati a poche alternative di risoluzione.

Un caso tipico è proprio quello del fotovoltaico. Qui il materiale attivo deputato a convertire la radiazione solare in energia elettrica deve ovviamente caratterizzarsi per esibire il massimo assorbimento ottico proprio laddove lo spettro della luce solare si presenta più intenso. La soluzione migliore è, dal punto di vista teorico, un materiale che presenta il massimo assorbimento diretto intorno a 1.6 eV. Prima dell’avvento delle nanotecnologie, si avvicinava a questo valore solo il Telloluro di Cadmio (CdTe), un composto chimico tossico, che veniva utilizzato come semiconduttore nella fabbricazione delle celle solari. Con la diffusione del silicio cristallino invece, più malleabile e meno pericoloso del CdTe, ci si è invece fermati solo ad 1.1 eV. Ora però sappiamo che, ingegnerizzando opportunamente nanostrutture di silicio, possiamo “aggiustarne” le proprietà fisiche fino a massimizzare l’assorbimento ottico proprio laddove ci occorre. In altri termini invece di muoverci trasversalmente lungo la tabella periodica per cercare le caratteristiche che ci occorrono, percorriamo la terza dimensione, fermandoci laddove è meglio per il problema che vogliamo affrontare. In questo modo potremmo realizzare celle al silicio nanocristallino con efficienza del 20% maggiore rispetto a quelle ottenibili con il “semplice” silicio.

E’ intuibile che nel caso del fotovoltaico le prospettive che si aprono sono, in effetti, enormi perché potremmo ingegnerizzare un materiale nanostrutturato in grado di presentare le migliori caratteristiche di assorbimento ottico per ciascuna delle lunghezze d’onda dello spettro solare. Questo è proprio ciò a cui tendono molti laboratori di ricerca: “ensamble di nanostrutture” di uno o più materiali capaci di presentare il massimo assorbimento a tutte le lunghezze d’onda dello spettro (ipotizzando che sia realmente possibile convertire tutti fotoni assorbiti in cariche elettriche e che si possano anche “raccogliere” per produrre della corrente).
Ad oggi però, l’utilizzo di nanotecnologie da applicare al settore del solare fotovoltaico risulta essere ancora molto “contenuto”. I pochi esempi di applicazione, ancora su scala “da laboratorio”, si limitano infatti alle celle solari fotoelettrochimicheDSSC”, dove le nanoparticelle di biossido di titanio (TiO2) sono utilizzate come “elettrodo elettron-accettore” ed applicate al caso delle celle organiche, dove i “fullereni” vengono normalmente impiegati come elemento accettore.

Recentemente, anche la sintesi di un altro materiale nanostrutturato, – il grafene, uno strato monoatomico di atomi di carbonio organizzati secondo una struttura cristallina a celle esagonali (Nobel per la Fisica 2010 assegnato ad Andre Geim e Kostantin Novoselov della Manchester University) – sembra aver aperto dei nuovi scenari per il fotovoltaico. Il grafene potrebbe infatti consentire la risoluzione del problema che finora ha limitato l’impiego dei “dispositivi Schottky” in ambito fotovoltaico, ovvero l’assorbimento della luce incidente da parte dello strato metallico frontale. L’elevata trasparenza di questo nanomateriale, consente infatti alla luce di passare quasi inalterata, consentendo di realizzare efficienti dispositivi Schottky per applicazioni nel solare.
Non possiamo però dimenticare che, proprio le “nuove” proprietà chimico-fisiche della materia ridotta al nanostato potrebbero nascondere degli inattesi effetti tossici (la storia dell’amianto dovrebbe insegnarci qualcosa da questo punto di vista). Dunque ogni sviluppo in questo particolare settore di ricerca dovrà essere necessariamente accompagnato da attentissime valutazioni su eventuali rischi ambientali.

Girolamo Di Francia  (Enea Portici – UTTP)
 Fonte  http://www.rinnovabili.it/

sabato 12 novembre 2011

World Energy Outoolk 2011 dell' Iea-Clima dimenticato e necessari drastici cambiamenti nelle politiche energetiche mondiali

Economia ecologica
World Energy Outook 2011-Nel 2010 emissioni di C02 ai massimi
Eia: servono subito cambiamenti drastici in politiche energetiche
di Gianfranco Bologna

Da pochi giorni è stato pubblicato il nuovo "World Energy Outlook 2011" da parte dell'International Energy Agency (vedasi http://www.iea.org/ e http://www.worldenergyoutlook.org/) che chiarisce immediatamente lo spirito del messaggio dell'ampio e articolato rapporto, con la frase di apertura dell'Executive Summary che recita: «Se non cambiamo presto direzione, finiremo esattamente dove siamo diretti».
L'EIA infatti registra pochi segnali che indicano quanto il necessario ed urgente cambiamento di direzione dei trend energetici globali indispensabile per il nostro futuro, sia effettivamente in corso. Nonostante a partire dal 2009 la ripresa dell'economia mondiale sia stata disomogenea e le future prospettive economiche restino incerte, nel 2010 la domanda globale di energia primaria è tornata a crescere di un significativo 5%, spingendo le emissioni di CO2 ad un nuovo massimo. L'Agenzia è molto chiara: senza cambiamenti drastici nelle politiche energetiche le nostre società potrebbero trovarsi impantanate in un sistema insicuro, inefficiente e ad alto tenore di emissioni di carbonio e quindi invita caldamente i governi ad agire prime che sia troppo tardi, introducendo misure più incisive per investimenti in tecnologie efficienti e a basse emissioni di carbonio. Sono frasi il cui contenuto e tenore conosco da almeno 35 anni, tanti sono stati gli illustri esperti che su questo tema centrale per il futuro di noi tutti hanno fortemente ammonito, in questi decenni, per evitare di persistere sugli scenari Business As Usual (BAU, "fare come se nulla fosse"). Nonostante tutto e nonostante il fatto che lo IEA sia un'istituzione internazionale voluta dai governi che si è sempre contraddistinta non certo per le sue posizioni innovative e coraggiose, ma, invece, molto vicine al "mainstream", ancora oggi la preparazione della 17° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici che si terrà a Durban dal 28 novembre al 9 dicembre prossimi,  non sembra far intravvedere quella svolta necessaria e coraggiosa che conduca ad un Protocollo sul clima, efficace, efficiente ed equo, che ci faccia ben sperare per il futuro della nostra civilizzazione.

I sussidi che incoraggiano consumi superflui di combustibili fossili hanno superato i 400 miliardi di dollari. Il numero di persone senza accesso all'elettricità rimane drammaticamente alto a 1,3 miliardi, circa il 20% della popolazione mondiale. Nonostante molti paesi abbiano dato priorità al miglioramento dell'efficienza energetica, l'intensità energetica mondiale è peggiorata per il secondo anno consecutivo. In un contesto così poco promettente, ricorda l'Outlook dell'IEA,  eventi quali l'incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi e le rivolte che hanno interessato diverse zone dell'area Medio Oriente e Nord Africa hanno sollevato dubbi sull'affidabilità delle forniture energetiche; al contempo, le preoccupazioni legate alla crisi dei debiti sovrani e all'integrità finanziaria degli Stati coinvolti hanno allontanato l'attenzione dei governi dalla politica energetica e limitato i loro strumenti di intervento, segnale tutt'altro che incoraggiante per il conseguimento degli obiettivi climatici concordati a livello globale.
Nonostante l'incertezza che caratterizza le prospettive di crescita economica nel breve termine, in uno degli scenari dell'Outlook definito Scenario Nuove Politiche che presume che i recenti impegni presi dai governi vengano implementati in modo cauto, la domanda di energia cresce in modo sostenuto, aumentando di un terzo tra il 2010 e il 2035. Le ipotesi di un aumento della popolazione mondiale, nello stesso periodo, di 1,7 miliardi di persone e di una crescita media annua dell'economia globale del 3,5% generano una domanda sempre più elevata di servizi energetici e di mobilità. Un tasso di crescita del PIL mondiale inferiore, nel breve termine, a quello ipotizzato nel presente Outlook inciderebbe solo marginalmente sui trend di lungo periodo.
Quindi una situazione certamente difficile che richiede urgenti cambiamenti. L' obiettivo prioritario delle politiche internazionali e nazionali dovrebbe quindi essere l'adozione di nuove strategie per rendere meno insostenibile l‘uso dell'energia e delle risorse. Il prestigioso Sustainable Europe Research Institute (SERI) di Vienna ed i Friends of the Earth hanno pubblicato un interessante rapporto che fornisce una panoramica delle relazioni esistenti tra i diversi aspetti dell‘uso di risorse materiali e dei loro effetti sulle risorse idriche del pianeta.

 Purtroppo la scarsità d‘acqua e l‘inquinamento sono in aumento a livello globale e risulta pertanto fondamentale capire e affrontare concretamente questi legami.
L‘acqua infatti è necessaria per quasi tutte le fasi del flusso dei materiali: dall‘estrazione delle materie prime alla loro lavorazione, fino al riciclaggio o lo smaltimento. Il rapporto evidenzia il ruolo dell‘acqua in tutte queste fasi attraverso case study ed esempi, e mostra come la disponibilità di acqua determini cosa e quanto siamo in grado di produrre e come la produzione e il consumo influenzino la qualità e la quantità delle nostre risorse d‘acqua dolce.
Il rapporto si intitola "Under Pressure. How our material consumption threatens the planet's water resources" e potete trovarlo al sito http://www.foeeurope.org/publications/2011/Under_Pressure_Nov11.pdf ed è anche in traduzione italiana al sito http://www.amicidellaterra.it/adt/images/stories/File/downloads/pdf/campagna_risorse/SERI_quantacqua_sfruttiamo.pdf.
Questo rapporto espande il contenuto del precedente rapporto pubblicato in occasione del primo World Resources Forum tenutosi a Davos nel 2009. Allora il SERI di Vienna ed i Friends of the Earth resero noto l'ottimo rapporto "Overconsumption: our use of the world's natural resources" di cui ho avuto già modo di approfondire nelle pagine di questa rubrica (il rapporto è scaricabile dal sito http://www.foeeurope.org/publications/2009/Overconsumption_Sep09.pdf).
La costante crescita della popolazione e dell‘economia mondiale determina uno sfruttamento sempre maggiore degli ecosistemi e delle risorse sotterranee. Nel 2007, la quantità totale di tutti i materiali estratti e raccolti nel mondo è stato di circa 60 miliardi di tonnellate, equivalente a circa 25 kg giornalieri per ogni abitante del pianeta. Con il termine estrazione si indicano attività quali la pesca, la raccolta e il disboscamento.

Il totale delle risorse estratte include risorse non rinnovabili e rinnovabili: tra le prime i combustibili fossili, i minerali grezzi e i minerali industriali e da costruzione; tra le seconde i prodotti agricoli, il pesce e il legname.
Durante i processi di estrazione o di raccolta di materie prime, ulteriori materiali, non utilizzabili nei processi produttivi, sono movimentati e rimossi dalla superficie del suolo come materiale di risulta. Ogni anno sono estratti circa 40 miliardi di tonnellate di tali materiali e nel complesso, aggiungendo questi 40 miliardi ai 60 miliardi già citati, risulta chevengono spostati più di 100 miliardi di tonnellate di materiale ogni anno, l‘equivalente di circa 40 kg pro capite al giorno.
Negli ultimi tre decenni si è verificato un aumento del 50% della quantità di estrazione a livello mondiale passando cosi da 40 miliardi di tonnellate nel 1980 a 60 miliardi di tonnellate nel 2007 In tal modo, l‘estrazione è aumentata in tutte le categorie: biomasse, combustibili fossili, minerali metallici e minerali industriali e da costruzione. Analogamente l‘estrazione di gas, così come quella di sabbia e ghiaia è raddoppiata e l'estrazione di nichel triplicata. Anche la crescente domanda di bio-risorse ha prodotto, ad esempio, una sensibile diminuzione della presenza di risorse ittiche nei mari, una riduzione della copertura forestale e numerosi altri significativi impatti ambientali.

Confrontando i dati mondiali di estrazione e di consumo di risorse pro capite, risulta evidente che gli europei, i nordamericani e gli abitanti dell‘Oceania sono i più dipendenti dall‘importazione di risorse da altre regioni del mondo per poter mantenere il loro livello e la loro composizione di consumi
In Europa, nel 2004 sono state estratte circa 34 kg di risorse e ne sono state consumate 55 kg pro capite al giorno. Gli abitanti del Nord America e dell‘Oceania, prendendo come riferimento sempre il 2004, hanno consumato fino a 102 e 79 kg di risorse pro capite, rispettivamente. Il contrasto con gli altri continenti è significativo. In Asia, sono state estratte e consumate circa 15 kg di risorse pro capite giornaliere mentre in Africa a fronte di circa 15 kg di risorse estratte e ne sono stati consumate 11 kg pro capite al giorno.
Negli ultimi dieci anni, l'aumento più evidente del consumo di risorse pro capite si è verificato nel mondo industrializzato. Credo che ormai siano tutti più consapevoli che non si possa più aspettare per agire. L'importante è farlo.

Fonte  http://www.greenreport.it/
  

mercoledì 9 novembre 2011

Greenreport-World Energy Outlook 2011 e un commento dal WWF

[ 9 novembre 2011 ]
 
Federico Gasperini
E' stato pubblicato oggi il World Energy Outlook 2011, il rapporto annuale dell'Agenzia internazionale dell'energia (Iea), dove si evidenzia l'impatto sempre crescente dei combustibili fossili sull'ambiente e l'effetto negativo sulle economie dei loro prezzi elevati.
La domanda globale di energia, è riportato nel rapporto, crescerà del 36% da qui al 2035, trainata dalle economie emergenti e in particolare dalla Cina. Sempre entro il 2035 l'uso del carbone, che nell'ultima decade ha risposto a quasi la metà della crescita di domanda energetica, aumenterà del 65%. Per l'Iea la soluzione è sempre la stessa: i governi devono puntare sul mix costituito da energia nucleare e rinnovabili.
«I governi devono introdurre misure più incisive per guidare gli investimenti in tecnologie efficienti e a basso tenore di carbonio- ha dichiarato Maria van der Hoeven, direttore esecutivo dell'Iea- L'incidente nucleare di Fukushima, i disordini in alcune parti del Medio Oriente e in Africa del Nord e la netta ripresa della domanda energetica nel 2010, che ha spinto le emissioni di CO2 a un livello record, evidenziano l'urgenza e la portata della sfida».

Per Fatih Birol, responsabile economico dell'Iea, ritardare gli interventi, «è una falsa economia: per ogni dollaro non investito nel settore energetico prima del 2020, sarà necessaria una spesa addizionale di 4,30 dollari per compensare l'aumento delle emissioni». Anche il Wwf parte dalla stessa analisi sugli impatti ambientali delle fonti fossili ma secondo l'associazione ambientalista il rapporto non spiega con la necessaria forza come l'efficienza energetica e l'energia innovabile siano la via d'uscita globale da questi problemi.
«Le energie rinnovabili rappresentano il futuro, oltre che la chiave per una vera sicurezza energetica e climatica - ha ribadito Mariagrazia Midulla, responsabile Policy Clima ed Energia del Wwf Italia - Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, entro il 2035 circa metà della nuova capacità energetica globale proverrà dalle energie rinnovabili. Ma non è certo un obiettivo ambizioso, potremmo raggiungerlo semplicemente continuando con il trend attuale. Secondo il recente Energy Report del Wwf, è infatti possibile arrivare al 100% di energie rinnovabili entro il 2050».

Per il Wwf, il World Energy Outlook sottovaluta in chiave prospettica le conseguenze sul prezzo del petrolio e sull'ambiente delle dinamiche socio-economiche globali: «Le economie emergenti produrranno tre miliardi di nuovi consumatori. Se questi usassero combustibili fossili ai ritmi in cui li utilizziamo oggi, i prezzi del petrolio, così come le emissioni di CO2, avrebbero un picco mai visto - ha continuato Midulla- L'Energy Outlook mostra anche che l'assoluta necessità di rimpiazzare il carbone, il combustibile a più alta emissione di carbonio, non può trasformarsi in una corsa verso il gas, combustibile a minor contenuto di carbonio: riconvertire la produzione di energia verso il gas, in assenza di altre misure per promuovere prioritariamente il risparmio energetico e le rinnovabili, potrebbe portare il mondo a un riscaldamento globale di oltre 3,5° C, decisamente troppo rispetto alla necessità, sancita anche a livello internazionale, di mantenere l'aumento della temperatura globale entro i 2°C rispetto all'era preindustriale».

Un altro aspetto contenuto nel World Energy Outlook è pienamente condiviso dal Wwf: fornire energia pulita, economica e sicura alle popolazioni più povere è sicuramente possibile. Costerebbe meno di 50 miliardi di dollari all'anno portare servizi energetici di base e fonti rinnovabili a circa 3 miliardi di persone che oggi, in tutto il mondo, ne sono prive (nei Paesi in via di sviluppo più di 1 miliardo di persone è privo di un accesso sicuro all'energia elettrica e più di 2,5 miliardi utilizzano carbone e biomasse inquinanti e inefficienti per cucinare e per riscaldarsi). In confronto, le importazioni di petrolio di Europa e Stati Uniti sommate insieme, costano 12 volte tanto. Inoltre, i sussidi ai combustibili fossili per i consumatori, attualmente pari a 400 miliardi di dollari, offrono pochi benefici alle popolazioni povere.

«L'Agenzia internazionale per l'Energia ha fortunatamente sfatato il mito che i sussidi ai combustibili fossili diano benefici alle popolazioni povere - ha ripreso l'esponente del Wwf Italia - Meno di un decimo di questi sussidi ha raggiunto il 20% dei poveri del Pianeta: in realtà, non pagano altro che i consumi energetici crescenti della classe media e peggiorano il problema dei cambiamenti climatici. Questi soldi dovrebbero invece essere usati per incentivare le rinnovabili e per portare energia pulita ed economica alle persone che davvero ne hanno bisogno, ovvero le popolazioni più povere» ha concluso Midulla.

Fonte  http://www.greenreport.it/

Fotovoltaico, Enel Green Power insieme a Sharp nella corsa all' energia verde in Sudafrica

Egp partecipa insieme a Sharp alla corsa all’energia verde in Sudafrica
08-11-2011
 
La gara, lanciata dal Governo di Pretoria, rappresenta il primo passo fatto per trasformare il paese nel nuovo Eldorado dell’energia verde con ben 17.800 MW a fonti rinnovabili installati al 2030, pari cioè al 42% dell’intero fabbisogno energetico nazionale
 
Anche la filiale “verde” di Enel, Enel Green Power, partecipa alla corsa alle energie rinnovabili lanciata in Sudafrica da un bando per la realizzazione di 3.725 MW di capacità “green” entro il 2016.  La gara rappresenta il primo passo fatto dal Governo di Pretoria per trasformare il paese nel nuovo Eldorado dell’energia verde con ben 17.800 MW a fonti rinnovabili installati al 2030, pari cioè al 42% dell’intero fabbisogno energetico nazionale. Il primo bando ha già una dimensione considerevole e prevede  –secondo quanto riferisce Milano Finanza che cita Egp – l'installazione di 1.850 MW eolici, 1.450 MW fotovoltaici, 200 MW di solare termico, 100 MW di biogas e 75 MW di idroelettrico, più una serie di altri impianti di piccola taglia.

Per il bando è previsto un piano di investimenti di oltre 10 miliardi di dollari (circa 7,2 miliardi di euro) che il Sudafrica vuole impiegare per ridurre la dipendenza dal carbone. Secondo MF, EGP si è candidata a realizzare 20 MW di impianti fotovoltaici tramite ESSE, la joint venture con Sharp, nata con l’obiettivo di sviluppare impianti fotovoltaici per oltre 500 MW nell’Europa Mediterranea, Medioriente, Africa, utilizzando i moduli fotovoltaici a film sottile prodotti nello stabilimento avviato di recente Catania, di cui è titolare la newco 3Sun (Egp, Sharp e StMicroelectronics).
 

venerdì 4 novembre 2011

Onu:"Mobilitazione globale per l'energia sostenibile e democratica"

 
Aiutare a superare l’ “energy divide”. Questo è l’obiettivo del nuovo gruppo di alto livello lanciato ieri dal segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, con il compito di favorire una mobilitazione globale per l’energia sostenibile di governi, settore privato e società civile
Onu: ''Energia sostenibile per tutti"
Energia democratica, sostenibile e accessibile a tutti. Si può sintetizzare così una delle principali sfide del terzo millennio che passa attraverso un radicale mutamento dell’attuale sistema energetico, centralizzato e basato in gran parte sulle fonti fossili, in una nuova configurazione fondata invece sulla “generazione distribuita”, ovvero sulla produzione di energia garantita da una miriade di piccoli impianti a fonti rinnovabili diffusi sul territorio.

Un modello, quest’ultimo, in grado di riaccendere la speranza in un futuro migliore di intere popolazioni di aree remote e povere del pianeta, pari a circa un quinto dell’umanità, che non hanno ancora accesso all’energia. Aiutare a superare l’ “energy divide” è l’obiettivo del nuovo gruppo di alto livello lanciato ieri dal segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, con il compito di favorire una mobilitazione globale per l’energia sostenibile di governi, settore privato e società civile. “L’energia è al cuore degli interessi di ogni paese - ha sottolineato Ban Ki-moon presentando ieri il nuovo gruppo dell’Onu in un briefing a New York sull’iniziativa “Sustainable Energy for All”- Dalla creazione di posti di lavoro allo sviluppo dell’economia, dalla sicurezza alla salute alla condizione delle donne. L’energia – ha aggiunto – è il filo d’oro che tiene insieme tutto”. Ma la comunità internazionale deve lavorare insieme al fine di minimizzare gli effetti disastrosi dell’energia da fonti fossili.

Il nuovo gruppo, che consiste di 46 membri provenienti dai settori più diversi (industria, finanza, politica, società civile) avrà il compito di “catalizzare partnership, impegni, iniziative nei board societari e nei governi, lavorando al contempo sul territorio”. Il nuovo gruppo dovrà in particolare aiutare a tradurre in realtà la visione enunciata Ban Ki-moon e sintetizzata in tre obiettivi da raggiungere entro il 2030: assicurare l’accesso universale ai moderni servizi energetici; raddoppiare il tasso di incremento dell’efficienza energetica; duplicare la quota delle energie rinnovabili nel mix energetico globale. Ban Ki-moon ha posto quindi l’accento sul ruolo dell’energia pulita e accessibile a tutti non solo nella lotta ai cambiamenti climatici ma anche nella risoluzione della crisi economica. Il nuovo organismo sarà co-presieduto da Kandeh Yumkella, direttore generale dell’Unido (UN Industrial Development Organization), e da Charles Holliday, presidente della Bank of America. Yumkella ha sottolineato che “molte delle sfide mondiali più urgenti non possono essere affrontate quando il 20% dell’umanità non ha ancora accesso all’elettricità e quasi il 40% deve affidarsi a fonti sporche per riscaldarsi e farsi da mangiare”. (f.n.)
 

mercoledì 2 novembre 2011

Verso il fotovoltaico organico

di Thomas Brown
Sono sempre più numerosi i laboratori universitari, accademici ed industriali attivi nella ricerca e sviluppo di questa tecnologia di nuova generazione
Il fotovoltaico (FV) “organico” può racchiudere nella sua definizione varie tecnologie di cella solare di nuova generazione in cui la sostanza attiva che assorbe la luce è costituita da molecole basate sui composti del carbonio. In via di sviluppo in molti laboratori internazionali, sia universitari che industriali, sono le celle solari a pigmento (Dye Solar Cell, anche conosciuta come DSC o cella di Graetzel), le celle ibride, le celle solari organiche a piccole molecole e le celle solari polimeriche anche dette plastiche.
Queste ultime due tecnologie hanno visto un rapido raddoppio delle efficienze su singola cella da laboratorio (più alte rispetto a quelle raggiungibili su moduli di larga area come in tutte le tecnologie FV) in cinque anni oltrepassando la resa del 8% nel 2010 in quattro laboratori industriali. Tra questi la Konarka Technologies ha anche reso disponibili a livello commerciale alcuni primi prodotti di moduli flessibili per applicazioni portatili di nicchia.

Il principio base per ottenere una corrente significativa da una cella organica quando viene illuminata consiste da una parte nella sintesi di opportuni pigmenti o polimeri che assorbano efficacemente lo spettro solare, dall’altro sull’(auto)organizzazione su dimensioni dell’ordine di una decina di nanometri (milionesimo di millimetro) di queste molecole foto-assorbenti con altri materiali (in etero-giunzioni, per esempio formando delle miscele) che “strappino” da essi (e poi trasportino) gli elettroni foto-eccitati. La nanostrutturazione (specialmente quella spontanea) o nanotecnologia entra dunque fortemente nella fabbricazione e nella fisica di questi dispositivi fotovoltaici di nuova generazione.
Gli strati attivi delle celle organiche o polimeriche sono delle pellicole sottilissime spesse meno di un millesimo di millimetro frapposti tra due elettrodi, di cui uno solitamente metallico e l’altro trasparente per fare passare la luce solare. La deposizione dei materiali in film sottili avviene a costi ridotti, sia in soluzione liquida come veri e propri inchiostri o attraverso semplici processi di evaporazione. È possibile quindi usare metodi tipici dell’industria della stampa. Inoltre il fatto che i processi non richiedono alte temperature e i materiali siano “plastici” rende la tecnologia adatta a produzioni su substrati di film flessibili aprendo opportunità diverse sia dal punto di vista delle applicazioni (immaginate tendoni, coperture, superfici curve fotovoltaiche) che di fabbricazione (es. stampa roll to roll tipica di una tipografia).

 Questo rappresenta un grosso driver per il futuro abbattimento dei costi del fotovoltaico. Per la tecnologia su flessibile una delle sfide più grandi è quello di sviluppare dispositivi che durino molti anni con barriere efficaci ed a basso costo contro l’ingresso di ossigeno e vapore acqueo che tendono a degradare i materiali. Gli sviluppi recenti anche su questo aspetto mostrano trends promettenti.
È di oltre 11% l’efficienza più alta riportata per le dye solar cells in laboratorio. Qui la parte fotoelettricamente attiva, spessa una decina di micrometri, è costituita da un pigmento che si ancora su di uno strato di ossido di titanio (TiO2) nanoporoso e da un elettrolita. Questi sono inserite a “sandwich” tra due vetri conduttivi trasparenti che sono anche degli ottimi incapsulanti. Il TiO2 è facilmente depositato da paste con la tecnica della stampa serigrafica con il design voluto su larghe aree ed è possibile sintetizzare una varietà di molecole di pigmento molto ampia e diversa influenzando sia la performance fotovoltaica che la colorazione.

È proprio questa flessibilità nella deposizione e formulazione dei materiali che può rendere “fotovoltaica” una facciata colorata semitrasparente, molto attraente per l’integrazione architettonica nel Building-Integrated Photovoltaics (BIPV). Le DSC inoltre lavorano bene anche in luce diffusa ed ad angoli obliqui, proprietà che forniscono a questa tecnologia una produzione energetica integrata sull’anno vantaggiosa anche rispetto ad altre tecnologie a parità di Wp installati. Il potenziale per rendere facciate verticali generatrici di potenza elettrica e quindi contribuire al mix energetico di un edificio è grande. Le DSC vengono anche sviluppate su sottili lamiere metalliche che possono essere rese conformabili con superfici curve.

Celle solari serigrafate sviluppate al Polo Solare Organico della Regione Lazio

Numerosi sono i laboratori universitari, accademici ed industriali che sono attivi nella ricerca e sviluppo del fotovoltaico organico dato il grande potenziale di questa tecnologia di nuova generazione. Si ambisce inizialmente al matching della tecnologia con applicazioni e quindi mercati dove almeno al presente non si compete direttamente con la matura tecnologia convenzionale al silicio cristallino come in varie installazioni del BIPV architettonico  (es. facciate semitrasparenti) e nel flessibile/conformale/portatile. Per una sua commercializzazione, la ricerca si muove su più fronti. È  continuo lo sforzo per sviluppare nuovi materiali, incrementare le efficienze ed i tempi di vita, per lo sviluppo di moduli e pannelli di larga area con performance che si avvicinano il più possibile a quelle delle celle di laboratorio con tecniche di fabbricazione automatizzate, efficienti ed a basso costo.
Alla fine del 2006 è stato istituito presso il nostro Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma – Tor Vergata, il Polo Solare Organico della Regione Lazio (http://www.chose.it/) con l’importante contributo della Regione Lazio. L’obiettivo scientifico che caratterizza il progetto è lo sviluppo di tecnologie di produzione di celle fotovoltaiche basate su materiali organici od ibridi e su processi di fabbricazione innovativi. Le università di Tor Vergata, Ferrara e di Torino insieme con due grandi industrie quali la Erg Renew e la Permasteelisa hanno costituito recentemente il consorzio Dyepower con lo scopo iniziale della realizzazione di una linea pilota per la fabbricazione di pannelli di vetro fotovoltaici dye solar cell.

di Thomas Brown, Polo Solare Organico della Regione Lazio – CHOSE. Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Università degli Studi di Roma- Tor Vergata

Fonte  http://www.rinnovabili.it/